LA CONTESSA BARBERA ( 7 – continua) Storia di uomini e cavalli dal Monferrato grande cuore gravel
Quasi tre settimane erano passate da quella prima uscita, altre ne erano seguito quasi ogni giorno, sempre con il fido Wanadio davanti e l’amico Roccia al fianco. La Contessa diventava ogni giorno più bella, come se l’aria del Monferrato, quel vento salubre che risaliva dal mare scavallando le Alpi Liguri, la rigenerassero. Ma c’era un problema. Stava scadendo il mese di prova chiesto ed ottenuto, Meo Berazzani non sapeva cosa rispondere sul futuro di Tessa.
IL TIMORE Ogni mattina temeva di ritrovarsi davanti il Conte e sapeva che prima o poi sarebbe successo. Mandare Tessa in razza o farla correre? E a che livelli poteva essere competitiva? Meo temeva le domande del Conte, lui per primo non aveva ancora capito se quella saura splendida era ancora una cavalla da corsa. Temeva le domande, ed aspettava l’occasione per mettere Tessa alla prova. con Wanadio, il grigio che alla mattina volava come un fuoriclasse e al pomeriggio non ne voleva sapere. Meo aspettava l’occasione ma con timore, con la paura che non andasse bene, con il terrore di dover dire nuovamente addio a Tessa, proprio ora che l’aveva ritrovata, che l’aveva ripescato dal fondo dov’era precipitato.
IL DESTINO Nelle uscite, tra una chiacchiera e l’altra con Piero, Meo ascoltava ogni muscolo di Tessa, ogni bizza delle sue abituali. Sentiva qualcosa crescere ma – questa era la verità malgrado la negasse anche a se stesso – aveva paura di accendere il motore di Tessa, paura di sapere. E qui per l’ennesima volta entrò in gioco il destino, decisivo come sempre in questa incredibile avventura di uomini e cavalli.
LA VERITA’ Quella mattina Wanadio stata trotterellando come al solito sulla strada bianca che conduce da Quargnento a Lu, una delle strade più belle della #Monsterrato, quando un cinghiale sbucò all’improvviso di corsa dalla boscaglia seguito da quattro cucciolotti: sorpreso e spaventato, Wanadio ebbe uno scarto violento e partì al galoppo con una potenza tale da disarcionare quasi il fantino. Tessa, che lo seguiva, tentennò per un attimo e poi, vedendo luce davanti a sè., partì anch’essa al galoppo. Meo capì al volo che il momento della verità era arrivato e urlò a Piero di fare una volata a tutta fino a Lu. Tessa era staccata di una decina di metri, sembrava poter rimontare ma il distacco non calava anche se Meo accompagnava il galoppo con tutta la forza che aveva in corpo. Wanadio era sempre una decina di metri davanti, imprendibile. Meo era allo stremo delle forze agli ultimi 500 metri, proprio dove la strada iniziava a salire, leggermente ma senza sosta. Fu in quel momento che Tessa cambiò passo. “Chiamami Branca”, chiese Meo al rientro – il sorriso aperto da un orecchio e fino all’altro – rivolgendosi al caporazza . “Buongiorno Conte sono Berazzani. E’ appena successa una cosa straordinaria, fra due settimane voglio correre il Duca d’Aosta con Tessa. Come? Non mi interessa chi corre, mi dia retta, iscriva la cavalla. E si va per vincere”
L’ATTENZIONE Quindici giorni dopo 12 mila persone riempivano l’ippodromo di San Siro come non accadeva da decenni. Erano lì per la Contessa che tornava in pista con Meo in sella, una storia incredibile, drammatica e delicata che aveva attirato l’attenzione di quotidiani e rotocalchi. L’avversario numero uno era Frisoli, della razza Venturi, gran genealogia ed ottima forma, alla prova verità in vista di una trasferta in America. Tessa la tondino era bellissima, si muoveva sinuosa, elegante e potente, come se avesse voluto fosse già chiaro a tutti chi sarebbe stata la vera protagonista anche in gara. Al tondino il Conte Branca era agitatissimo, paonazzo in volto. Meo, elegante nella sua casacca azzurra crociata bianca, mostrava un’insolita calma ed ascoltava con un sorrisino appena accennato dalle labbra sfuggenti le ultime raccomandazioni del trainer Notaro, entusiasta per le condizioni atletiche della cavalla ma dubbioso sulla sua voglia di lottare. Tessa girava al tondino condotta dal lad e sembrava voler studiare i suoi avversari: che dubitasse anche lei delle sue forze?
100 METRI Il Conte Branca salì in tribuna proprietari, Notaro, in doppiopetto grigio e Borsalino in testa, andò come d’abitudine sul prato nel punto dove una leggera gobbetta permetteva con un buon binocolo l’ottima visione dell’intero percorso. Tutto fu pronto. Buona la sgabbiata, con Meo che portò Contessa allo steccato tenendola in mezzo al gruppo. Frisoli le era a fianco e così per tutta la curva. All’inizio della dirittura il gruppo leggermente si aprì e Tessa prese la scia di Frisoli balzato prepotentemente al comando. “Gli ultimi 100 metri, solo gli ultimi 100 metri” ripeteva Meo a se stesso e alla cavalla. Per 100 metri poteva esaltarla, poi non ne avrebbe avuto pi la forza. Agli ultimi 100 metri, a un tocco di Meo sul fianco sinistro, Tessa uscì dalla scia di Frisoli; Meo l’accompagnò allungandosi e ritirandosi come una molla tirando fuori anche l’ultimo stillo di energia. Quegli ultimi 100 metri furono esaltanti. “E adesso in America la portiamo noi”, sussurrò Meo al Conte Branca che piangeva senza ritegno, distrutto dalla gioia, davanti 12 mila persone che urlavano un po’ “Teo” e un po’ “Tessa”. Che guardava tutti dall’alto, molto divertita. Non vedeva l’ora di tornare al box dove anche Roccia, osservando l’esultanza insolita di artieri e caporazza, scodinzolava più energicamente del normale: anche lui sentiva che qualcosa di eccezionale doveva essere successo.
di Claudio Luigi Bagni
(7 – continua)
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