STORIE ORDINARIE DI UNO STRAORDINARIO MONFERRATO
“Attenti! Attenti! Uhe!,Quello là è un lupo!”, urla con tutto il fiato l’Alberto tirando il freno della gravel, nel mezzo dell’avvallamento di una strada bianca in aperta campagna; manca poco che per quella brusca frenata finissero tutti a gambe all’aria. Rapida occhiata intorno, nessuno in giro a perdita d’occhio. E il lupo, o cosa diavolo fosse , sembra svanito nella boscaglia. “Era alto almeno metro, almeno così” insiste Alberto alzando braccio e mano all’altezza voluta”: “Si, due”, lo canzona Luigi che, ultimo della fila, nulla aveva visto.
“Un lupo di giorno? Mai visto! – sentenzia Alfredo – Eppoi la cucciolata dei mesi scorsi era stata notata molto, molto più a Nord di qui“. “Dai, era un capriolo, ne sono pieni, al massimo un paio di cinghiali anche se quelli escono soprattutto di notte; o forse un gatto nero, quelli se le prendi di sorpresa fanno un casino…”, commenta Enrico. “Per me poteva essere una volpe muschiata, oppure una lepre: quando ci ha visti è saltata su come una molla, mezza morta di paura, e se l’è filata”, taglia corto Luigi, il capitano del gruppo; che però, lepre o gatto che sicuramente fosse, non si sa mai, brandisce ora con mano sinistra da mancino un legnaccio grosso così, da abbattere un toro. Mentre pedalano, muscoli tesi e occhi attenti ad ogni movimento della vegetazione, come se i morti di paura fossero loro e non la lepre ecco un trattore farsi avanti sbuffando dall’altro capo della strada bianca. “Buongiorno, ma qui ci sono i lupi?, mi è sembrato di vederne uno dietro quella quercia. Certo che era un lupo, alto almeno un metro”, insiste Alberto, provocando il sorriso del contadino. Che dopo aver spento il trattore e facendosi un po’ d’aria col cappello sul volto paonazzo e sudato, prende tutti in contropiede. “Sicuramente era il Dorino, qui lo chiamiamo così. I professori delle bestie lo chiamano sciacallo dorato, pare venga dalla Russia, avrà costeggiato tutto il Po. All’inizio c’era un po’ paura, ogni tanto sparisce qualche gallina ma quello caccia soprattutto topi e ricci. L’è simpàtic, bon còme ‘l pan, e siccome ogni tanto gliene mettiamo un po’ nella casseruola là in fondo, e il giorno dopo non se ne trova più, di qui il Dorino non si muove. E sono già sette mesi….” .
Sette minuti, invece, pancia rasente terra, Alberto, Alfredo, Enrico e Luigi sono già volati dall’altra parte del bosco, su quella strada asfaltata mai prima così rassicurante. Si guardano tra di loro, mentre dal folto della boscaglia 2 piccoli occhi giallastri li osservano attenti. Sembrano pure divertiti.
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